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Un turismo senza piano

go thereL’ultimo rapporto della Banca d’Italia sul Turismo Internazionale del nostro Paese (Statistiche ufficiali) indica un saldo positivo registrato dalla bilancia turistica dei pagamenti nel periodo maggio 2013 – maggio 2014 ed evidenzia la crescita del 3% della spesa dei turisti stranieri in Italia (complessivamente pari a 11.099 milioni di euro), rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 

Tale trend positivo è confermato dal “Monitoraggio dell'Agenzia Nazionale del Turismo”, in cui si legge che i tour operator intervistati (166 in totale, di cui 101 europei e 65 di oltreoceano, presenti in 28 mercati stranieri) sono ampiamente soddisfatti per le vendite della “destinazione Italia”; in particolare, il 59,7% asserisce di aver avuto un incremento, il 29,6% dichiara stabilità, mentre il 10,7% indica una flessione. 

La destinazione Italia si conferma, dunque, un’importante meta turistica nel panorama internazionale, anche nella prima metà del 2014.

Ci si può, dunque, ritenere soddisfatti? Forse non pienamente, se si considera che, nel contesto mondiale, l’Italia si colloca, tra le destinazioni Paese, al 5° posto per numero di arrivi ed al 6° posto per introiti monetari ed ha come principali competitor: Francia, Usa, Spagna, Cina (UNWTO World Tourism Barometer - June 2014). Considerando, inoltre, che l’Europa ha rappresentato il 42% del turismo internazionale nel 2013 (in piena crisi economica), registrando la maggiore crescita in termini assoluti si comprende quanto ci sia ancora da lavorare per far diventare il turismo un volano di crescita per il sistema paese Italia, cercando così di superare Francia e Spagna.

L’importanza di tale obiettivo è facilmente comprensibile se si considera che il turismo ha un peso sul PIL italiano assai marginale (circa il 5% in via diretta e fino al 10% con l’indotto), pur avendo enormi potenzialità. Tali argomentazioni sono assai frequenti; non sempre però si riescono a ritrovare indicazioni utili per delineare processi e strategie atte a migliorare la performance turistica del sistema Italia che, com’è altrettanto noto, gode di un patrimonio paesaggistico, storico, culturale, gastronomico straordinario, unico e, come detto, non pienamente valorizzato.

Ciò che appare necessario è riuscire a concretizzare un piano manageriale che parta dall’osservazione olistica del predetto patrimonio, consideri la rapida evoluzione della domanda turistica ed inquadri i comportamenti dei competitor attuali e potenziali. Per emergere nell’attuale contesto competitivo turistico, si ha necessità, infatti, non solo di azioni promozionali ma anche di investimenti ed interventi strutturali che consentano al visitatore di vivere la sua esperienza turistica in maniera adeguata alle sue aspettative (si pensi, in proposito, quanto sia fondamentale il supporto logistico e la viabilità). 

A conferma di ciò (se mai ce ne fosse bisogno), si possono leggere i risultati del 1° rapporto sulla percezione dell’Italia turistica (), contenente un’analisi semantica di 570.000 post in lingua inglese, pubblicati sui social media da persone che sono state in vacanza nel nostro paese negli ultimi quattro mesi (ultima rilevazione 1 luglio 2014). Ciò che desta maggiore interesse in tale ricerca (oltre ad un complessivo apprezzamento dell’offerta turistica italiana) è che l’argomento più trattato è quello dei trasporti (con il 51,02% dei post), seguito da “arte, cultura ed intrattenimento” (con l’11,55%). 

Come dire: non basta essere “il bel Paese” se poi i trasporti non funzionano. Resta, infatti, più impresso nell’immaginario e nella memoria del turista il disservizio logistico, rispetto alla bellezza dei luoghi. Occorre, pertanto, programmare e realizzare investimenti ed opere nelle infrastrutture e nella viabilità in modo da favorire e migliorare l’incoming, quindi la competitività della destinazione (con ciò contribuendo alla ripresa economica, grazie appunto agli investimenti infrastrutturali).

Si ha, in definitiva, la necessità di delineare un serio e fattibile piano strategico del turismo in Italia, che consideri le enormi potenzialità che il nostro Paese ha e che ancora non riescono ad esprimersi nella maniera più adeguata. In questo senso, un approccio manageriale al “problema” appare opportuno, se non necessario.